Sicurezza sul lavoro, una legge con qualche ombra
(il manifesto, 5 gennaio 2008)
Gianni Pagliarini**
Dolore, rabbia, sdegno. Con questi sentimenti abbiamo accompagnato i sette morti di Torino, vittime di una strage che narra la sorte toccata al lavoro operaio nel nostro Paese. Siamo stanchi di retorica, perciò scegliamo un'altra strada. Quella dell'analisi. Della documentazione, dell'informazione, della battaglia istituzionale. Del resto, non nutriamo illusioni armonicistiche. Gli interessi in gioco non dileguano per aver mimato il dovuto omaggio ai feretri. Restano in campo, forti come ieri. Sbaglia chi mena scandalo per le risentite reazioni padronali («non si può dire che le imprese non facciano la loro parte!»). Sbaglia chi si sorprende per certi proclami minimalisti di parte «democratica» («dopo il protocollo di luglio non servono nuove leggi per la sicurezza del lavoro»). Sbaglia, purtroppo, anche chi si stupisce per il convergere di qualche sindacato sulle posizioni della controparte. «Lavorare di più per guadagnare di più!», come se non avessimo alle spalle una lunga storia di riduzione dei livelli salariali a fronte di un boom dei redditi da capitale. «Ridurre il peso fiscale sul lavoro!», come se un minor gettito non si traducesse in ulteriori tagli alla spesa sociale, quindi in nuovi abbassamenti delle retribuzioni. A guardar bene i conti tornano. Ciascuno combatte dalla propria trincea in quella che - lo notiamo senza enfasi - somiglia molto a una guerra.
Analisi, dicevamo, e informazione. L'argomento all'ordine del giorno è il nuovo Testo unico sulla sicurezza del lavoro che il governo, d'intesa con le regioni, gli enti preposti e le parti sociali, sta mettendo a punto sulla base delle legge-delega votata dal parlamento nell'agosto scorso. Una prima bozza del decreto legislativo (destinato a sostituire la normativa vigente in materia di servizi di prevenzione e protezione, di prevenzione incendi e sorveglianza sanitaria, di consultazione, formazione e informazione dei lavoratori) è stata diffusa in questi giorni. Riteniamo utile discuterne, tanto più che non mancano seri motivi di allarme. A fronte di importanti novità, il nuovo testo presenta infatti norme a nostro giudizio sbagliate e pericolose. Non soltanto imprecise o mal scritte (e in taluni casi persino incostituzionali). Ma anche tali da configurare - contro il dettato della stessa legge-delega - un abbassamento dei livelli di protezione e una riduzione dei diritti dei lavoratori e dei loro rappresentanti. Vediamo in rapida sequenza alcuni esempi cruciali.
In materia di interpello, la bozza di decreto prevede (art. 12) che il parere discrezionale della Commissione (cioè di un organo amministrativo) decida dell'applicabilità o meno della legge penale (contro quanto disposto dalla Costituzione agli artt. 25 e 101). In tema di attività ispettiva (art. 13) si solleva l'Ispettorato del lavoro dall'obbligo, oggi vigente, di informare preventivamente i servizi di prevenzione delle Asl. Ai fini della sospensione di un'attività imprenditoriale, il decreto aggiunge (art. 14) la condizione che la violazione della disciplina sui tempi di lavoro coinvolga almeno il 20% del personale occupato, dimenticando che la norma già prevede che si tratti di violazioni reiterate. E ancora. La bozza del governo rende meno frequenti rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente le visite obbligatorie del medico negli ambienti di lavoro (art. 24). Lascia indeterminate le caratteristiche strutturali e funzionali dei servizi di prevenzione interni (puntualmente definite nel d.lgs. 626/94) e addirittura contempla l'ipotesi che tali servizi vengano esternalizzati nelle strutture di ricovero e cura (art. 31), dimenticando che il rogo della camera iperbarica all'Istituto Galeazzi di Milano (11 morti) avvenne proprio per l'omessa valutazione dei rischi da parte di un responsabile esterno, ignaro delle caratteristiche di quell'impianto. Infine - ma un elenco dettagliato sarebbe ben più lungo - il decreto esime il datore di lavoro dall'obbligo di fornire al rappresentante per la sicurezza le informazioni in precedenza archiviate nel registro degli infortuni sul lavoro.
Che dire? A noi non interessa una polemica fine a se stessa. Lasciamo quindi sullo sfondo ogni considerazione sulle probabili cause di questi e altri seri difetti della bozza del governo. Ci preme soltanto che vi sia la disponibilità a discuterne e ad eliminarli dal testo definitivo. Chiudiamo con un'ultima considerazione. La vicenda del protocollo sul welfare ha rappresentato una gravissima violazione delle prerogative parlamentari. Non vorremmo che adesso - facendosi scudo della delega - il governo ripetesse l'errore di tirare diritto, estromettendo il parlamento dalla elaborazione dei decreti legislativi. Ciascuno rifletta sulle proprie responsabilità. La sicurezza dei lavoratori non è materia su cui si possano accettare compromessi. Non basta piangere i morti, si ha il dovere morale e politico di prevenire gli incidenti.
* deputato Prc-Se Commissione Lavoro
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