mercoledì 27 febbraio 2008

PIU' DELLA GUERRA

IL SOLE24ORE

Eurispes: più morti negli incidenti sul lavoro che nella Guerra del Golfo

La piaga degli incidenti sul lavoro in Italia ha causato più morti della seconda Guerra del Golfo. Lo studio dell'Eurispes «Infortuni sul lavoro: peggio di una guerra», presentato nella mattinata alla Camera dei deputati, ha calcolato come dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 al 2006, nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati ben 5.252. Un incidente ogni 15 lavoratori, un morto ogni 8.100 addetti: queste le cifre del fenomeno secondo l'Eurispes. Un dato «impressionante», secondo il presidente della Commissione attività produttive della Camera Daniele Capezzone, che ha commissionato all'Eurispes lo studio. Infortuni che costano ogni anno alla comunità 50 miliardi di euro. Secondo Capezzone è necessario intervenire «con le imprese, anziché vessarle fiscalmente e burocraticamente, occorre fare un patto per la sicurezza, intensificare i controlli ed eliminare il meccanismo appalti-subappalti». Nel mirino, dunque, il meccanismo dei subappalti, nei quali di risparmia sulla sicurezza e sul costo dei lavoratori, spesso scegliendo maestranze poco preparate e precarie.


Di notevole gravità è il dato segnalato dal presidente dell'Eurispes Gian Maria Fara è che in 25 anni non sono stato fatti significativi passi avanti: dal confronto dei dati di questo rapporto con quelli di una vecchia indagine dell'istituto, le cifre restano più o meno le stesse. Elaborando i dati Inail, l'Eurispes ha messo in evidenza che ogni anno dal Nord al Sud muoiono in media 1.376 persone per infortuni sul lavoro.

L'edilizia si conferma come settore ad alto rischio, visto che poco meno del 70% dei lavoratori (circa 850) perdono la vita per cadute dall'alto di impalcature nell'edilizia.

Fra le cause seguono il ribaltamento del trattore in agricoltura e gli incidenti stradali nel trasporto merci per le eccessive ore trascorse alla guida. L'età media di chi perde la vita sul lavoro è di circa 37 anni. Ogni incidente, dunque, visto che la vita media è di 79,12 anni, comporta una perdita di vita pari a 42 anni.


In pericolo più gli uomini delle donne: le donne infortunate sono in media il 25,75% e i decessi si attestano su un valore medio del 7,7 per cento. La percentuale media delle denunce per infortunio tra i lavoratori immigrati è dell'11,71%, mentre quella dei decessi è del 12,03%: una sostanziale uguaglianza anomala, segnala il rapporto, dato che per i lavoratori italiani la percentuale degli incidenti è di gran lunga superiore a quella dei morti. Segno, secondo l'Eurispes, che molti infortuni non vengono denunciati.

Nei trasporti il tasso medio di incidenti si attesta su posizioni più elevate, mentre nell'industria si registra il valore più basso. Osservando l'andamento delle morti bianche nel periodo 2003-2005, l'Eurispes evidenzia un picco nel 2004 nel settore agricoltura, passata da 129 morti (2003) a 175 (2004) per poi ridiscendere a 127. Si registra anche un decremento nell'industria e nei servizi, passati dai 1.308 morti del 2003 ai 1.137 del 2004 e ai 1.065 del 2005. Sostanziale stabilità del settore pubblico (12-16-14).


La provincia con il maggiore tasso di incidenti (anno 2005) è Taranto (11,33), seguita da Gorizia e Ragusa. La Regione con più incidenti mortali in assoluto (anno 2003) è invece la Lombardia, seguita dall'Emilia Romagna.

Si tratta, però, di un dato, precisa il rapporto, che non tiene conto della dimensione della popolazione a rischio di incidenti, cioè degli occupati. Se si rapporta invece il numero di morti al numero di ore lavoro o al totale degli addetti, la regione con la maggiore incidenza di morti bianche è il Molise, seguita da Basilicata e Calabria e in genere da regioni del Sud.
Tra le cause degli incidenti si annoverano la scarsa padronanza della macchina, l'assuefazione ai rischi (abitudine e ripetitività dei gesti), la banalizzazione dei comportamenti di fronte al pericolo, la sottostima dei rischi, la diminuzione dell'attenzione nel lavoro di sorveglianza, il mancato rispetto delle procedure, l'aumento dello stress, la precarietà del lavoro legata a una formazione insufficiente e la manutenzione eseguita poco o male.

Una efficace prevenzione deve puntare su formazione e addestramento, sul rispetto degli ordini, dei divieti e delle indicazioni, sul corretto uso dei dispositivi di protezione individuale, sul rigido rispetto delle procedure quando la sicurezza tecnica non basta. Dalla relazione emerge che l'inefficacia dell'azione di prevenzione e di controllo è imputabile a una mancanza di strategia centrale. «Allo stato attuale - chiude il rapporto – l'Inail è l'unico ente in grado di gestire la prevenzione e la componente assicurativa e di promuovere pratiche virtuose sui luoghi di lavoro per sostenere, promuovere ed estendere il sistema partecipato, già previsto dalla normativa vigente, ma ancora ampiamente disatteso».

Fra i suggerimenti dello studio, accanto alla maggiore chiarezza sulle competenze dell'Inail e allo snellimento del corposo sistema normativo, emerge la richiesta di istituzionalizzazione del finanziamento alle imprese per la sicurezza e la prevenzione stabilito in via sperimentale dal Dlgs 38/2000, utilizzando i fondi Inail.





IL TESTO UNICO

DAL SITO L'UNITA'


Tra gli affari correnti da sbrigare, c'è la emanazione dei decreti attuativi in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro. «Se non si procede in tempi brevissimi ad attuare i decreti legislativi», spiega il sottosegretario al Lavoro, Antonio Montagnino - la legge delega 123, scadrebbe il 24 maggio e bisognerebbe a quel punto ricominciare l'iter dall'inizio».

Montagnino lancia quindi un appello perché si giunga all'approvazione di questi decreti ad ampia maggioranza. Lo si faccia in modo «bipartisan» entro la fine di marzo, dice il sottosegretario del Lavoro, «non voglio mancare di rispetto all'autonomia del Parlamento, bisogna tuttavia dare risposte e certezze ai lavoratori esposti quotidianamente a rischi infortuni».

Il Testo Unico su salute e sicurezza andrà in Consiglio dei ministri già nei prossimi giorni. Martedì Montagnino e il sottosegretario alla Salute, Gian Paolo Patta, hanno concluso i lavori per il titolo I del Testo Unico e sono in via di ultima definizione anche gli altri titoli sulle parti speciali. «Con questo decreto legislativo che ha avuto oggi l'ok del governo», anticipa Montagnino a Unità online, «abbiamo risposto alla maggioranza dei punti contenuti sulla delega approvata il 23 luglio 2007.

«Abbiamo determinato il campo di applicazione della normativa», vale a dire i settori di attività lavorativa («che sono tutte le aziende»), le tipologie di rischio («Tutte», rivela, «rischio fisico, chimico, esplosioni, incendio e così via»), le norme riguardanti il sistema istituzionale solo per il ministero della Salute, del Lavoro e l'Inail «ma abbiamo anche previsto commissioni permanenti per la salute e sicurezza sul lavoro, comitati di coordinamento per la attività di vigilanza, sistema informativo nazionale per la prevenzione sui luoghi di lavoro.

Mercoledì il provvedimento sarà diffuso per intero, spiega. Per ora, viene prevista «la normativa riguardante la formazione dei datori di lavori e dei soggetti operanti nella sicurezza», dice, vale a dire i lavoratori, i datori di lavoro, i rappresentanti dei lavoratori della sicurezza sia aziendali che territoriali. E poi, «abbiamo previsto attività promozionali per la diffusione della norma sulla sicurezza con tre tipologie d'interventi: uno che riguarda un sistema formativo nelle scuole con appositi programmi, l'altro che riguarda il sistema formativo nel suo complesso, il terzo il sistema delle piccole e medie imprese per potere adeguare alle prescrizioni sulla sicurezza sul lavoro».

«Per questi tre interventi è prevista già in finanziaria una dotazione di 50 milioni di euro», conclude. «E questi 50 milioni si aggiungono ai 200mila euro che abbiamo previsto sulla legge 123 del 3 agosto, che prevede in pratica un credito d'imposta in favore delle aziende che attuano i programmi dei lavoratori e della sicurezza formativi».

Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, auspica che, prima della fine della legislatura il governo approvi presto il decreto sulla sicurezza del lavoro, «perché lo deve alle vittime e al mondo del lavoro. Mi piacerebbe che il congedo di questo governo avvenga con questo atto, perché segnerebbe ciò che di buono è stato fatto e si sarebbe potuto fare, ma non si è potuto fare.

«Dopo la tragedia della ThyssenKrupp - ha aggiunto Epifani a margine del convegno "Per una sinistra di governo - la sicurezza sul lavoro è diventato un tema che ha risvegliato l'attenzione e la sensibilità dell'opinione pubblica, che si era un po' assuefatta agli incidenti e alle vittime sul luogo di lavoro».





lunedì 25 febbraio 2008

Sei indagati

Rogo nella Thyssen, chiuse le indagini. Sei indagati, omicidio volontario per il manager
Dal sito rainews24

La Procura di Torino ha chiuso formalmente l' indagine sul rogo della Thyssenkrupp del 6 dicembre scorso costato la vita a sette operai.

Il reato più grave, contestato al solo Harald Espenhahn, amministratore delegato del gruppo italiano, è l' omicidio volontario con dolo eventuale e l' incendio con dolo eventuale.

Per gli altri, a seconda delle condotte, si ipotizza l'omicidio colposo e l' incendio colposo con colpa cosciente e l'omissione volontaria di cautele contro gli incidenti.

Oltre all'amministratore delegato Espenhahm, l'unico che risponde di omicidio volontario con dolo eventuale, il provvedimento depositato dalla Procura riguarda i consiglieri delegati Marco Cucci e Gerald Priegnitz, un responsabile in servizio alla sede di Terni della multinazionale, Daniele Moroni, il direttore dello stabilimento di Torino Giuseppe Salerno, il responsabile del servizio
prevenzione protezione ai rischi sul lavoro Cosimo Cafueri.

La ThyssenKrupp è inoltre chiamata in causa come persona giuridica. L'indagine è durata in tutto due mesi e 19 giorni e ha portato gli inquirenti a raccogliere oltre 200 mila pagine di documenti, racchiusi in 170 faldoni.



Braccio Meccanico

A Padova un operaio di 31 anni e' morto, schiacciato da un braccio meccanico
Dal Sito Rainews24

Un operaio 31enne, Michele Grassivaro, è morto stasera a Padova per le conseguenze di un grave trauma alla testa riportato in un incidente all'interno di un'azienda di gommapiuma, la Loima di Borgoricco (Padova).

Secondo una prima ricostruzione, a causare l'infortunio sarebbe stato il malfunzionamento di un macchinario adibito al taglio dei fusti di gommapiuma: la parte mobile della macchina utensile - per cause ora al vaglio dei carabinieri - avrebbe schiacciato il capo dell'uomo. Grassivaro era stato liberato dalla morsa meccanica da alcuni colleghi di lavoro presenti nel capannone, che poi hanno subito chiamato i soccorsi. Portato all'ospedale di Padova, le condizioni dell'uomo erano apparse però molto gravi.

I medici della neurochirurgia, assieme ai colleghi del reparto di otorinolaringoiatria, hanno cercato con un disperato intervento chirurgico di ridurre un ematoma che comprimeva il cervello. Ma la speranza è durata solo poche ore. In serata l'operaio è deceduto.

venerdì 22 febbraio 2008

Trattore

Schiacciato dal trattore, muore nel chietino un agricoltore. Ferito un operaio
dal Sito Rainews24

Un agricoltore è morto stamani nelle campagne di Cupello (Chieti) ed un operaio è rimasto ferito in modo grave a Vasto, in due incidenti sul lavoro. La vittima, secondo le testimonianze di altri agricoltori, è rimasta schiacciata dal trattore con il quale stava lavorando in localita' "Montalfano". L'uomo, del quale non si conoscono ancora le generalità, è morto sul colpo.

A Vasto, invece, un operaio romeno, impegnato in cantiere edile per la realizzazione di un fabbricato, è precipitato dal secondo piano. Portato nell'ospedale cittadino è stato sottoposto ad un'operazione per fermare un'emorragia interna. Il cantiere, nel quartiere San Sisto, è stato posto sotto sequestro dai carabinieri così come un altro cantiere della zona, risultato da controlli fuori regola.


lunedì 11 febbraio 2008

CADERE

Torino, operaio cade da un tetto e muore
DAL SITO RAINEWS24


Ancora una vittima del lavoro nel torinese. Un operaio di 24 anni, V.D. di Bari, ma residente a Modena, è morto questa mattina in un incidente sul lavoro avvenuto a None, nel torinese. L'uomo stava montando una telecamera per la videosorveglianza sul tetto di un capannone in lamiera quando è precipitato a terra morendo sul colpo.

Al momento dell'incidente c'erano altre persone che però non hanno potuto fare nulla per aiutare il giovane operaio. Secondo quanto appreso dai carabinieri, l'appalto per i lavori di messa in sicurezza del luogo è a carico della Ceva.Logistics, specializzata in manutenzione e sistemazione di cavi elettrici.

ESCAVATORE

DAL SITO RAINEWS24
Muore schiacciato dall'escavatore un operaio di 65 anni a Roma




Un operaio italiano di 65 anni è morto a Roma schiacciato da un escavatore. L'incidente mortale sul lavoro è avvenuto nel primo pomeriggio di oggi in un cantiere edile nel quartiere Bravetta, nella periferia occidentale della Capitale. L'uomo, secondo una prima ricostruzione della polizia e dei vigili del fuoco era nel cantiere, in via degli Estensi, quando è precipitato in un fosso con la ruspa rimanendo schiacciato dal mezzo meccanico.

Complesse le operazioni di soccorso del 118. Un'operatrice sanitaria è stata imbragata con una fune dai vigili del fuoco, per scendere nel fossato (profondo circa tre metri) e analizzare le condizioni del corpo del 65enne prima che ne venga recuperato il cadavere.

Grave un 23enne a Brescia, investito da un muletto
Un infortunio sul lavoro è avvenuto stamani in provincia di Brescia, a Roncadelle. Un 23enne di Brescia, Francesco Cara, è rimasto ferito mentre stava riparando un muletto all'interno della ditta della quale è titolare, la Eurocar. Il mezzo si e' mosso e lo ha investito. Il giovane si trova ora ricoverato in prognosi riservata all'ospedale civile di Brescia.

E' la seconda vittima sul lavoro avvenuta in due giorni a Roma e in provincia. Ieri a Pomezia era morto un altro operaio edile, un polacco, di 34 anni, schiacciato da un sostegno metallico per la posa del cemento di un solaio in una palazzina in costruzione. Mercoledi' scorso erano morte ai confini tra Lazio e Umbria quattro persone residenti a Castiglione in Teverina (Viterbo) in seguito all'esplosione di una fabbrica di fuochi di artificio. Una quinta persona era rimasta ustionata.

Ferrero: il governo completi la normativa sulla sicurezza del lavoro
E' questa una delle richieste formulate dal ministro alla Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, e rivolta al governo dimissionario nel corso dell'assemblea dei lavoratori e delle lavoratrici di Rifondazione Comunista, riunita oggi a Torino davanti allo stabilimento della ThyssenKrupp, l'acciaieria in cui lo scorso 6 dicembre divampo' l'incendio che causo' la morte di sette operai. "C'e' ancora bisogno di un decreto del presidente del Consiglio - ha ricordato Ferrero - che puo' e deve essere fatto subito, altrimenti quella legge rischia di rimanere lettera morta e chissa' poi quando se ne riparlerà".

venerdì 8 febbraio 2008

SCHIACCIATI E FOLGORATI

Dal sito LA REPUBBLICA.it

Le tragedie nel padovano, in provincia di Cuneo e vicino ad Avellino. Fra le vittime due stranieri
Schiacciati da una trave o folgorati da una scarica. L'intervento del ministro del Lavoro

Infortuni sul lavoro, ancora 3 morti
Damiano: "I controlli non bastano"

Sentito l'unico sopravvissuto allo scoppio della fabbrica di fuochi d'artifico vicino a Viterbo


Infortuni sul lavoro, ancora 3 morti
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I carabinieri nella segheria a San Martino di Lupari dove è morto l'operaio romeno

ROMA - L'elenco già tristemente lungo delle morti bianche si è allungato oggi con i nomi di tre operai morti nel padovano, in provincia di Cuneo e a pochi chilometri da Avellino, schiacciati da una trave o folgari da una scarica elettrica.

Il ministro del Lavoro Cesare Damiano ammette che le leggi di tutela nei confronti dei lavoratori "sono buone" e i controlli sono aumentati, "ma da soli non bastano". Un recentissimo rapporto stilato dall'Anmil, l'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, ha svelato che l'Italia è lo stato europeo dove le vittime sul lavoro sono più numerose. E il presidente della Repubblica non perde occasione per ribadire che gli infortuni sul lavoro sono "un fenomeno gravissimo e spaventoso che impone il massimo intervento di tutte le componenti del mondo sociale e istituzionale". Oggi Damiano ha detto che per arginare il flagello delle morti bianche "serve una cultura del lavoro che parte dall'impresa e dal sindacato attraverso la concertazione".

Raffaele Maffei, 44 anni, tre figli, è morto folgorato da una scarica elettrica mentre lavorava alla costruzione del solaio di un'abitazione a Serra di Pratola, una frazione a pochi chilometri da Avelino. Era dipendente di una piccola ditta di costruzioni di Solofra, la stessa città dove vivveva con la moglie e i bambini. La tragedia si è verificata nella tarda mattinata. Il lungo braccio meccanico della betoniera utilizzata per pompare il cemento sul solaio, ha tranciato i cavi dell'alta tensione che gli sono caduti addosso: 20 mila volt che non hanno lasciato scampo.

Qualche ora più tardi, un incidente simile è accaduto in Piemonte. Un giovane polacco impegnato nella potatura di un pioppeto nelle campagne di Ruffia, vicino a Cuneo, è morto anche lui a causa di una scarica elettrica. Il braccio meccanico del suo trattore ha sfiorato i cavi dell'alta tensione e la morte è stata immediata.

giovedì 7 febbraio 2008

FUOCHI D'ARTIFICIO

Esplode un deposito di fuochi d'artificio in Umbria: quattro morti e un ferito.
dal sito rainews24





Sul posto sono giunti i vigili del fuoco

Sono stati identificati i quattro morti vittime dell'esplosione del deposito di fuochi a S.Egidio di Madonna delle Macchie, nel comune di Orvieto, al confine tra Umbria e Lazio. Tutte e quattro le vittime erano residenti del viterbese.

Le vittime sono tutte della stessa famiglia. Sono Renato Cignelli, di 44 anni e la moglie Rosanna Abbatematteo, di 31; Fiorenzo Cignelli, di 58 anni, e la moglie di questi Elisabetta Tirinnanzi, di 53. Il ferito, loro congiunto, Giandomenico Cignelli, di 26 anni, ha riportato gravi ustioni e dall' ospedale di Orvieto sta per essere trasferito in un centro grandi ustionati. La fabbrica, intestata a Renato Cignelli, opera almeno dagli anni novanta ed ha ottenuto regolare autorizzazione per la produzione, detenzione e vendita di materiali esplodenti dalla prefettura di Terni.

La gestione era di carattere familiare, ma i Cignelli erano considerati particolarmente scrupolosi ed esperti nel loro lavoro. Le cause della esplosione, come detto, sono ancora da accertare e sarà particolarmente utile il racconto dell'unico sopravvissuto, Giandomenico Cignelli. I cadaveri sono stati recuperati da squadre di pompieri giunte da Terni, Orvieto ed Amelia. Le indagini sono svolte dalla polizia e coordinate dal procuratore della repubblica di Orvieto.

martedì 5 febbraio 2008

LO SCOPPIO DI UN FORNO

SCOPPIA UN FORNO NEL TORINESE FERITI DUE OPERAI

Un'esplosione questa mattina in una fabbrica di lavorazione metalli a Collegno (To) ha provocato il ferimento di due operai. E' successo tra le 6 e le 6,30, in via Rosa Luxemburg. Lo scoppio e' avvenuto dopo l'accensione di un forno, per cause ancora da accertare. I feriti sono un uomo di 42 anni, ricoverato all'ospedale Martini di Torino e le cui condizioni non sarebbero gravi, e un uomo di 41 anni, ricoverato attualmente al Cto di Torino in prognosi riservata.




lunedì 4 febbraio 2008

420 minuti

Incidenti sul lavoro: ogni 7 ore un morto

ANSA
ROMA - Un milione di incidenti l'anno e piu' di mille morti, un lavoratore ucciso ogni 7 ore: e' il bollettino della 'guerra a bassa intensita'' che ancora oggi torna a denunciare l'Anmil, l'associazione dei mutilati ed invalidi del Lavoro, che dal campo di battaglia dei reduci e delle vittime di questa guerra lamenta le troppe leggi inapplicate, le tutele negate, le ''buone leggi che restano solo sulla carta''.

Al punto che i fatti, dopo tanto parlare di prevenzione, dicono semplicemente che con il personale a disposizione impegnato a questo scopo, se si dovessero controllare tutte le aziende italiane, ognuna di esse riceverebbe, stima l'Anmil, un controllo ogni 23 anni. ''Non si puo' dire che in Italia un fondamentale diritto della persona, ossia il diritto alla vita e alla sicurezza di ciascuno nel normale svolgimento della propria attivita' sia garantito'', e' il grido di allarme del'associazione che oggi, accompagnata dal Ministro del Lavoro, Cesare Damiano, e' stata ricevuta dal Capo dello Stato al quale ha consegnato un nuovo rapporto su quello che e' lo stato della tutela delle vittime di questa Caporetto quotidiana.

''Non si tratta di un fenomeno marginale e in via di estinzione, ma di un effetto perverso che sembra profondamente innervato nel modo di produzione e nello stesso modo di essere della modernita': in realta', siamo in presenza di un fenomeno sociale di massa, sebbene la societa' non lo riconosca come tale. Di certo una vera e propria guerra a bassa intensita', che di regola si svolge nell'ombra e nel silenzio'' denuncia il presidente, Piero Mercandelli, che parla di una ''vergogna che macchia il Paese, che ignora il diritto al lavoro e alla sua sicurezza'' e di una ''contabilita' spesso arida e anonima, persino controversa, che non ha sussulti neanche di fronte alla fine di una vita''.

Le statistiche parlano di un'Italia che stenta piu' di altri Paesi a porre un limite a questa carneficina: in dieci anni gli infortuni mortali nel nostro Paese sono diminuiti del 25,49%, in Germania del 48,3%, in Spagna del 33,64%, nell'Unione Europea del 29,41%. I numeri, dice l'Anmil, ci dicono che realmente e' possibile fare di piu', che altri ci sono riusciti, salvando cosi' centinaia di vite. ''Il male dell'Italia e' che le leggi sembrano esistere solo sulla carta e la speranza e' che la stessa sorte non tocchi anche a quella varata nell'agosto del 2007, particolarmente avanzata nei principi ispiratori e nelle previsioni normative, ma oggi a rischio di restare incompiuta a causa delle vicende politiche''.

E anche per questa legge sulla sicurezza e tutela del lavoro, si evidenzia che a cinque mesi dalla sua entrata in vigore, i coordinamenti provinciali delle attivita' ispettive stanno appena muovendo, quando va bene, i primi passi. Anche sul fronte penale i reati di omicidio colposo o lesioni conseguenti al mancato rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro sono - dice l'associazione - sostanzialmente impuniti, vuoi per i tempi della giustizia vuoi per l'indulto intervenuto nel frattempo. I rimedi, ripete l'Anmil, sono noti e basterebbe avere la ''volonta' di porli in essere''.

E, quindi, investire sulle attivita' di prevenzione e controllo; introdurre sanzioni adeguate alla gravita' ed alle conseguenze dei comportamenti;organizzare un apparato amministrativo e giudiziario che assicuri l'applicazione certa e rapida delle sanzioni;promuovere iniziative informative e formative che sviluppino una maggiore attenzione alla prevenzione. ''In sostanza - conclude l'Anmil - qu

Politici e Imprenditori

Ironia della sorte: un paese impaurito che si dilania sul tema della sicurezza, sopporta come inevitabile necessità economica l'insicurezza nei luoghi di lavoro. Sicurezza pubblica e insicurezza privata: la prima può causare la disgrazia dei politici, la seconda sfiora appena la reputazione degli imprenditori"

Gad Lerner, su Repubblica

I CENTO PASSI

Appello per una


MANIFESTAZIONE

NAZIONALE

CONTRO LA MAFIA

a trent’anni dall’assassinio di

Peppino Impastato



9 Maggio 1978 – 9 Maggio 2008

Cinisi


Appello per una Manifestazione nazionale contro la mafia

in occasione del Forum sociale antimafia 2008

a 30 anni dall’assassinio di Peppino Impastato





Sono passati ormai trent’anni dall’assassinio politico-mafioso di Peppino Impastato e 29 dalla manifestazione nazionale contro la mafia che abbiamo organizzato a Cinisi in occasione del primo anniversario della sua morte.

Non possiamo dire che da allora nulla sia cambiato; abbiamo raggiunto obiettivi importanti con il nostro impegno e con la lotta quotidiana che abbiamo condotto io, mia madre, i compagni di Peppino, Umberto Santino e Anna Puglisi fondatori del Centro siciliano di documentazione di Palermo, successivamente dedicato a Peppino, seguiti da una parte della sinistra e dei movimenti legati alla nostra storia e alla nostra lotta.

Abbiamo affrontato un lungo percorso di fatica e di sofferenza che ci ha portato anche a sperimentare l’amarezza e la rabbia quando abbiamo toccato con mano le collusioni tra la politica, le istituzioni e la mafia.

Il lavoro di memoria e le attività portati avanti in questi anni sono stati difficili, ma non certo inutili: hanno contribuito a sviluppare una coscienza antimafiosa nelle nuove generazioni che hanno recepito positivamente il nostro messaggio.

Il pensiero, le idee di Peppino e la sua esperienza di militante comunista che guardava tutte le sfaccettature della realtà lo conducevano a partire dal basso, riprendendo la linea delle lotte contadine, anticipando i tempi e accelerando un processo di crescita e di presa di coscienza rispetto al pericolo costituito dalla mafia, fino ad allora volutamente sottovalutato: la sua era una vera e propria lotta di classe contro un sistema criminale basato sullo sfruttamento e sulla sopraffazione.

Non è stato facile per lui, così come non è stato facile per noi: abbiamo raccolto la sua eredità e siamo andati avanti, cercando di continuare giorno dopo giorno per costruire un progetto di antimafia sociale che partisse dall’esperienza di Peppino, dalle sue lotte nel territorio contro la speculazione edilizia, contro la disoccupazione, a fianco dei contadini di Punta Raisi che venivano affamati dall’esproprio delle proprie terre.

Peppino era in prima fila a Palermo nelle lotte studentesche del 1968 e nei movimenti del 1977, sempre alla ricerca di metodi innovativi, sfruttando al meglio con la sua fantasia e la sua passione i poveri mezzi di comunicazione che aveva a disposizione.

Facendo tesoro delle sue scelte e del suo percorso nel 1979 abbiamo sfilato per le troppo silenziose strade di Cinisi nella prima manifestazione nazionale contro la mafia, organizzata da Radio Aut, dal Centro di documentazione di Palermo, assieme ai compagni di Democrazia Proletaria e a quella parte di movimento che era rimasta profondamente colpita dall’uccisione di Peppino. Eravamo in duemila: persone che venivano da ogni parte d’Italia, con un misto di rabbia, dolore, determinazione ed entusiasmo per i nuovi contenuti che portavamo in piazza.

La mafia non era più un fenomeno locale, circoscritto alla Sicilia, ma un fenomeno che aveva invaso pericolosamente tutto il territorio nazionale, coniugandosi con ogni forma di speculazione, di corruzione, di collusione con le istituzioni e con il potere politico ed economico, accumulando grandi masse di capitale con il traffico di droga che provocava migliaia di morti per overdose.

Siamo stati poi catapultati in una situazione pesante; ci siamo scontrati con una realtà drammatica: la mafia aveva alzato il tiro uccidendo chiunque tentasse di ostacolare il suo processo di espansione. Giudici, poliziotti, politici, militanti della sinistra, giornalisti, tutti ammazzati uno dopo l’altro in una mattanza che è durata molti anni, troppi, ed è culminata con la strategia dello stragismo.

Abbiamo vissuto tutto questo sulla nostra pelle mentre eravamo impegnati nella ricerca della verità e non solo riguardo l’omicidio di Peppino, denunciando e mettendo in evidenza gli ostacoli più turpi, quelli più dilanianti, quelli causati dalla collusione mafiosa con una parte delle istituzioni.

Le vicende giudiziarie riguardo il “caso Impastato” lo dimostrano: forze dell’ordine, magistrati, politici hanno tentato in tutti i modi di non farci arrivare alla giustizia, orchestrando un depistaggio vergognoso e tacciando Peppino di essere un terrorista-suicida. Non ci sono riusciti.

Parlare di legalità oggi significa anche riportare alla luce la versione veritiera di quanto è accaduto a Peppino e più in generale dal dopoguerra in poi, da quei grandi movimenti di liberazione che furono la Resistenza antifascista e il Movimento contadino. Le stragi di stato e le trame nere hanno insanguinato il nostro paese: Portella della Ginestra, le bombe nelle camere del lavoro, l’eliminazione di circa 40 sindacalisti e militanti della sinistra, il piano Solo, Piazza Fontana, il golpe Borghese, Piazzale della Loggia, l’Italicus, il sequestro Moro, il ruolo di Gladio, la stazione di Bologna, il Rapido 904 ed altri eventi sono tappe fondamentali nel nostro vissuto, nel vissuto di un paese costretto con la violenza a rispettare gli equilibri e gli accordi internazionali e bloccato nel suo processo di rinnovamento.

La repressione del sistema è scattata costantemente e in maniera scientifica ogni qualvolta si è cercato di apportare dei cambiamenti nel sistema sociale e ogni qualvolta il regime democristiano è stato messo in crisi. L’intolleranza rispetto ad una vittoria delle sinistre alle elezioni e alla loro avanzata ha scatenato la violenza del potere reazionario e dei gruppi fascisti contro ogni tutela democratica.

Non parliamo di vicende remote e lontane nel tempo: ancora oggi pesano le impunità delle azioni criminali fasciste dovute alle coperture e complicità istituzionali, ed è per questo che è necessario insegnare l’antifascismo nelle scuole come uno dei pilastri fondamentali della nostra Costituzione.

Negli ultimi anni la violenza di Stato ha attaccato i movimenti di lotta sociale, come è accaduto a Napoli e a Genova in occasione del G8, riapplicando lo stesso schema e le stesse strategie repressive che hanno coinvolto istituzioni, gruppi dell’estrema destra, servizi segreti e mafia.

Ecco perché bisogna gettare luce anche su alcuni lati oscuri dell’omicidio di Peppino: dai processi è venuta fuori solo una verità parziale, anche se fondamentale, una grande vittoria, ma non le motivazioni che hanno condotto al depistaggio. La Relazione della Commissione parlamentare antimafia sul “caso Impastato” ha ricostruito le dinamiche e le responsabilità del depistaggio, ma i responsabili sono rimasti impuniti.

Oggi, a distanza di tanti anni da quei fatti, viviamo una realtà che non si è affatto riassestata. Il sistema mafioso prolifera e i conflitti sociali non si sono mai assopiti: per far fronte alle degenerazioni della società, da cui scaturiscono le fortune politiche di personaggi come Berlusconi e di tanti altri, i movimenti continuano a mettere in pratica l’impegno dal basso ricoprendo un ruolo centrale nel mantenere viva l’autodeterminazione dei cittadini. È arrivato, però, il momento che acquisiscano una maggiore consapevolezza sulla centralità dell’impegno nella lotta alla mafia.

Bisogna rendesi conto che dopo il crollo del cosiddetto “socialismo reale” viviamo in una sistema di globalizzazione capitalistica, poco importa se la definizione più giusta sia imperialista o imperiale, che ricicla anche le forme più primitive di schiavitù, rilancia la guerra come forma di imposizione del dominio, rinfocola fanatismi e terrorismi, impone la dittatura del mercato e vuole cancellare le conquiste del movimento operaio, approfondisce squilibri territoriali e divari sociali, emarginando la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, esalta la finanziarizzazione speculativa. In questo quadro le mafie si moltiplicano, con fatturati del cosiddetto “crimine transnazionale” che raggiungono più di mille miliardi di dollari, e con la formazione di veri e propri Stati-mafia.

Le analisi condotte in questi anni dal Centro Impastato di Palermo, da La borghesia mafiosa a Mafie e globalizzazione, si sono dimostrate le più aderenti alla realtà.

I movimenti noglobal degli ultimi anni rappresentano una forma di resistenza al neoliberismo e al pensiero unico ma non hanno sviluppato un’analisi adeguata del ruolo delle mafie nel contesto attuale.

Nel nostro Paese le mobilitazioni di questi ultimi mesi che hanno visto centinaia di migliaia di persone scendere in piazza per chiedere di rispettare il programma di governo, per pretendere giustizia e verità sui fatti di Genova, per difendere i diritti delle donne hanno mostrato che è presente nei cittadini la volontà di cambiare lo stato di cose. In questa prospettiva di mutamento la lotta alla mafia è uno dei terreni decisivi della lotta per il soddisfacimento dei bisogni e per la democrazia.

Ecco perché è importante che tutte le realtà impegnate nella lotta dal basso (No GLOBAL, No TAV, No PONTE, No TRIV, No al DAL MOLIN, e gli altri) garantiscano la loro presenza a Cinisi il 9 maggio 2008 in occasione del trentennale dell’omicidio di Peppino, per iniziare un nuovo percorso, per costruire e dare la spinta ad un movimento di lotta alla mafia che segua un programma rivoluzionario, non astratto e sloganistico, ma concreto e praticabile, e che si ponga l’obiettivo di battere definitivamente il fenomeno mafioso.

Non possiamo continuare ad aspettare, abbiamo perso troppo tempo.

Se non riusciamo a costruire un progetto e a trasmettere un messaggio di fiducia e di speranza alle nuove generazioni, bombardate da una strategia della diseducazione che indica come esempi da seguire personaggi di successo cinici e sfrontati, politici e rappresentanti delle istituzioni spesso sotto processo o condannati per mafia, come Dell’Utri e Cuffaro, difficilmente riusciremo a far crescere in loro una coscienza democratica e antimafiosa.

E non possiamo rimanere inerti al cospetto dei più di 1300 morti l’anno sul lavoro, un’autentica vergogna nazionale, delle migliaia di morti per l’amianto, delle vittime della malasanità, delle vittime dei soprusi e delle violenze nei paesi emarginati.

Non possiamo rimanere inerti rispetto alle devastazioni dell’ambiente e della natura che stanno letteralmente distruggendo il nostro pianeta.

Non si può sorvolare sulla necessità della laicità dello Stato come forma di garanzia per l’uguaglianza sociale e giuridica di tutti, al bando delle differenze sessuali, etniche e religiose.

Facciamo appello a tutte le associazioni che lottano per una legalità non retorica e formale, sparse sul territorio nazionale, affinché ci diano il loro contributo di idee e di azioni per lo svolgimento della manifestazione del prossimo 9 maggio.

Qualcosa comincia a muoversi: i movimenti anti-pizzo hanno ottenuto i primi risultati, promuovendo il consumo critico e l’associazionismo, i senzacasa di Palermo chiedono e ottengono le case confiscate ai mafiosi, le scuole si impegnano in prima linea, una parte del mondo religioso ha mostrato di volersi impegnare.

Facciamo appello all’informazione democratica e ai mezzi di comunicazione liberi affinché ci sostengano e sviluppino una conoscenza reale delle mafie e dell’antimafia, mentre troppo spesso assistiamo a trasmissioni e servizi che danno un’immagine suggestiva di feroci criminali e riducono l’antimafia alle iniziative più spettacolari.

Chiediamo il loro contributo agli artisti che si dichiareranno disponibili affinché con la musica, il cinema, il teatro e lo sport si cominci un’opera di sensibilizzazione e di educazione adeguate.

È importante che anche i Comuni che hanno intitolato una strada a Peppino partecipino al trentennale, così come gli iscritti alle sedi dei partiti della sinistra a lui dedicate.

Facciamo appello alle scuole, agli insegnanti e agli studenti, affinché siano al nostro fianco in questo difficile percorso.

Facciamo appello alle donne, ancora imbrigliate dai comportamenti maschilisti della nostra società, affinché partecipino numerose per rinnovare la rottura di mia madre Felicia rispetto all’immobilismo culturale, bigotto e reazionario, e per ripercorrere i passi delle tante donne, madri, figlie, sorelle, che hanno fatto dell’impegno antimafia la loro ragione di vita.

Anche i sindacati devono assumersi le proprie responsabilità, mettendo al centro i problemi del lavoro nero, precario, ultraflessibile, riprendendo le battaglie che furono di Peppino e dei suoi compagni. E chiediamo alle forze politiche che si dicono democratiche di operare un taglio netto con mafie e corruzione.

Si parla tanto di criminalità, di riciclaggio, di lavoro nero, di immigrazione clandestina, di sfruttamento minorile, di violenza sulle donne, di violenza razziale e di altre problematiche che non ci danno respiro: troppe volte ci si ferma alle parole o si adottano strategie più deleterie degli stessi problemi che dovrebbero risolvere, come i cosiddetti “provvedimenti per la sicurezza dei cittadini” che finiscono per annullare diritti umani fondamentali..

Esistono percorsi ben più sostenibili e compatibili con il benessere e il rispetto di tutti, che vengono però esclusi perché non fanno gli interessi dei soliti noti.

Aspettiamo ancora il perfezionamento della legge sulla confisca dei beni mafiosi, la legge 109 del ’96, proposta da Libera di Don Ciotti con una petizione popolare che ha raccolto un milione di firme sull’onda emotiva delle stragi di Capaci e via D’Amelio. L’intento era di avviare un nuovo percorso di sviluppo economico antimafioso, ma si è arenato negli scogli della burocrazia, del lasciar correre e degli interessi mafiosi.

Il 9 maggio a Cinisi, nell’ambito delle iniziative del Forum antimafia “Peppino e Felicia Impastato”, sarà un’occasione per riflettere su tutte queste tematiche, per far sentire la propria voce, per ribellarsi: siamo convinti che costruire un mondo senza mafia è possibile. Non solo, è necessario: un mondo senza questa “montagna di merda” che ci travolge. Il luogo scelto per la nuova Manifestazione Nazionale Contro la Mafia è Cinisi, non solo perché è lì che Peppino è nato ed ha svolto le sue attività, ma anche perché è da sempre una roccaforte dell’organizzazione mafiosa; lo fu ai tempi di Cesare Manzella prima e di Tano Badalamenti poi.

Ma tuttora il nostro paese è un pilastro del controllo mafioso: i clan locali sono rappresentati nella “commissione regionale” ed hanno un rapporto diretto con i capimafia; così è stato con Provenzano e con Lo Piccolo fino a poco fa.

È ora di attivarsi: dal 9 maggio in poi vogliamo cominciare a respirare aria pura, intrisa di libertà; vogliamo iniziare a vivere la gioia della bellezza.

Peppino, con il suo sacrificio, ci ha dato tanto. Non basta ricordarlo. Bisogna raccogliere quanto ci ha lasciato e continuare; dare nuova vita al suo pensiero e alla sua azione di uomo libero, ma soprattutto di siciliano libero.




Giovanni Impastato






















Il gruppo dirigente democristiano nello scacchiere politico locale, come su quello nazionale, si pone come un’associazione di tipo mafioso, non solo e non tanto per la convergenza di mafia e di clientele parassitarie che è riuscito a suscitare e ad aggregare attorno a sé, quanto per il modo stesso, banditesco e truffaldino, di concepire ed esercitare il potere”.








Peppino Impastato





Pensate che sia cambiato qualcosa?



Per informazioni adesioni e contatti:


Associazione Peppino Impastato-Casa Memoria

C.so Umberto 220 90045 Cinisi (Pa)

Tel. 0918666233-3341689181

email: giovannimapstato@gmail.com - web:www.peppinoimpastato.com


Centro Siciliano di Documentazione “Giuseppe Impastato”

Via Villa Sperlinga, 15 – Palermo

Tel. 0916259789-Fax 091348997

email: csdgi@tin.it - web: www.centroimpastato.it





Nuotando nell'aria


DAL SITO RAINEWS 24
Un operaio morto e uno ferito a Guastalla

Incidente sul lavoro

Un operaio romeno di 45 anni, Stelica Maftei, e' morto mentre lavorava questa mattina in un capannone dell'azienda 'Padana Tubi' a San Giacomo di Guastalla, nel Reggiano. Caduto da un'altezza di otto metri, e' morto sul colpo per le gravi lesioni riportate.

L'uomo, residente nel torinese ma di fatto domiciliato a Finale Emilia (Modena), verso le 8.15 lavorava assieme ad un connazionale, regolarmente imbracato, su una piattaforma ad un'altezza di circa otto metri. I due, dipendenti di un'azienda di Finale, stavano installando impianti termoidraulici quando, per cause al vaglio dei carabinieri, la piattaforma e' stata colpita da un carro-gru manovrato a terra da un altro operaio.

Mentre il collega della vittima, di 48 anni, probabilmente agganciato con l'imbracatura ad un'altra struttura, e' rimasto sospeso in aria, Maftei, agganciato invece alla stessa piattaforma a sua volta crollata a terra, si e' sfracellato al suolo. L'altro romeno, trasportato al pronto soccorso dell'ospedale di Guastalla, ha riportato lievi contusioni.

La Procura di Reggio Emilia ha aperto un'inchiesta; le indagini sono condotte dai carabinieri, assieme al personale della Medicina del Lavoro dell'Ausl. La porzione di capannone, in fase di allestimento, adibita a cantiere dove e' avvenuto l'incidente, la piattaforma dove si trovavano i due operai e la gru che l'ha colpita sono stati sequestrati per accertamenti.

venerdì 1 febbraio 2008

Firma la petizione!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Rainews24 aderisce all'appello del segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, che, per rilanciare il tema delle morti bianche, ha proposto una petizione rivolta al presidente Napolitano con cui chiede di valutare la possibilita' di assegnare una medaglia ai familiari di Denis Zanon, perche' anche attraverso questo gesto non si disperda la memoria di Denis e dei troppi che continuano a morire di lavoro.

Ecco il testo della petizione:

Caro Presidente, Le chiediamo di valutare la possibilità di concedere la medaglia al valor civile a Denis Zanon il lavoratore di Marghera morto mentre tentava di salvare il collega Paolo Ferrara”.


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